L’Orchestra di Padova e del Veneto in concerto per la Santa Pasqua a Lendinara
CONCERTI PER LA SANTA PASQUA
con il sostegno della
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
Martedì 11 aprile 2017, ore 21.00
Abbazia S. Maria del Pilastrello, Lendinara (Ro)
Orchestra di Padova e del Veneto
Marco Angius, Direttore
Chiara Isotton, Soprano
Franz Joseph Haydn – Sinfonia n. 49 “La Passione”
Gustav Mahler Sinfonia n. 4 “La vita celestiale” (versione K. Simon)
Ingresso Libero
Il percorso che l’Orchestra di Padova e del Veneto, diretta da Marco Angius, intraprenderà insieme ai suoi ascoltatori in occasione del concerto pasquale del prossimo Martedì 11 Aprile all’Abbazia S. Maria del Pilastrello di Lendinara (Ro) sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, promette di essere uno di quei viaggi da cui non si può che uscire cambiati.
Il tracciato del programma, infatti, procede dall’immediatezza del sentire e dall’evidenza delle passioni di cui è pervasa la Sinfonia n. 49 in fa minore di Franz Joseph Haydn per avvicinarsi, attraverso le molteplici finestre e finestrelle aperte dalla Quarta sinfonia di Gustav Mahler, all’innocenza ambigua dell’infanzia. E, nel riemergere di sensazioni che sembravano essersi asciugate ed assopite, apre alla possibilità di una reviviscenza di quella purezza: di una sorta di seconda nascita, o di resurrezione.
Il titolo attribuito alla sinfonia di Haydn in programma, “La passione”, più ancora che all’occasione sacra – o alla leggenda secondo cui quest’opera sarebbe stata composta il giorno di Venerdì Santo – è legata all’estrema espressività della scrittura musicale, che rimanda alla rinascita di un sistema degli affetti in seno alla corrente settecentesca dello Sturm und Drang. E infatti questa sinfonia, che è una delle poche che Haydn scrisse in tonalità minore, è lontanissima dai toni soffusi e galanti dello stile delle corti e dei palazzi; ricorda piuttosto, almeno nei movimenti lenti, l’emotività esasperata del primo Seicento. Nei tempi veloci, invece, l’incisività dei frammenti che compongono i temi, i contrasti fra suoni sforzati e melodie raccolte e soprattutto il trattamento spaziale del materiale già chiamano uno stile successivo, quasi beethoveniano.
Incisività dei fraseggi, scrittura per frammenti ed iperespressività si ritrovano appieno nella Quarta sinfonia di Mahler, ma senza le inquietudini di coerenza e di economia di materiale che agitavano il sinfonismo di Haydn e Beethoven. E’ proprio di Mahler guardare oltre le leggi intrinseche dell’arte musicale (che, essendo così poco razionale, quando la si vuole rigorosamente derivata da sé stessa conduce a un’ascesi potenzialmente senza fine) per lasciarsi attraversare da tutti i flussi del mondo, esagerandone le asperità, i contrasti, le dolcezze ed i drammi per renderli riconoscibili in mezzo al caos della loro mescolanza reciproca. Come ha affermato Marco Angius, in Mahler “la forma musicale coincide con l’irregolarità dell’esistenza”.
La rappresentazione del mondo che ci offre la Quarta sinfonia è un labirinto aereo, disperso, percorso da intensità impalpabili. Così, nel primo e nel secondo movimento, ricordi di Schubert, Haydn, Beethoven si mescolano al suono dei musicisti di strada, a rumori della natura ed a versi di animali, rievocando la capacità dei bambini di passare dalla leggerezza al sacro candore, al terrore e infine a un altro gioco. E così il terzo movimento, che si annuncia fin dall’inizio come un lungo incantamento, un intreccio di curve di cui non si distinguono bene i contorni – quasi un arabesco visto troppo da vicino – si rivela la traduzione di una sensazione infantile ben precisa, forse la sensazione infantile per eccellenza: quella di essere immersi in un mondo che sfugge totalmente al proprio dominio, ma nondimeno capace di dispensare grandi gioie e profonde sofferenze – sentimenti ben più forti di quelli che possono provare gli adulti, dannati dall’illusione del controllo.
Totalmente immersa nel mondo dell’infanzia è infine la conclusione della sinfonia, in cui entra una voce di soprano, Chiara Isotton, giovane soprano bellunese, già avviata verso una brillante carriera, per cantare il Lied finale (“La vita celestiale”, tratto da Des Knaben Wunderhorn). Come disse lo stesso Mahler, l’idea del mondo superiore che ne traspare è talmente lontana dalla nostra comune rappresentazione della beatitudine celeste da risultare quasi disturbante. “Di nessun mondano frastuono / s’ode qui in cielo il suono”, si canta; ma subito dopo la vita angelica viene invasa da danze, salti e canzoni, fiumi di vino e grandi mangiate; San Pietro torna pescatore, Santa Marta fa la cuoca e perfino a S. Ursula Martire, alla vista della gran giostra dei beati bambini, scappa una sonora risata.
Ingresso libero e gratuito fino ad esaurimento posti
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